«Questo libro parte dalla memoria di casi clinici, di storie e di persone che ho incrociato nel corso della mia carriera per essere stato il responsabile diretto degli errori di cui si narra o per averli visti commettere e averli discussi con i colleghi o ancora per aver dovuto esprimere un parere sulla loro inevitabilità in qualità di perito del tribunale.» Daniele Coen, dopo esser stato per molti anni direttore del Pronto Soccorso di Niguarda a Milano, ha deciso di raccontare in un libro i tanti fattori che possono portare a una diagnosi o a una decisione sbagliata e, di conseguenza, al deterioramento del rapporto di fiducia tra medici e pazienti. E lo fa partendo dall’analisi di casi clinici particolarmente significativi, da cui emerge quanto l’agire del personale medico, inevitabilmente soggetto come tutti alle debolezze umane, sia influenzato dalla disattenzione, dalla fretta, dalla collera, dal desiderio di fare bella figura o dalla paura di sbagliare.
Ogni storia racconta momenti diversi del percorso che conduce all’errore, facendo risaltare, al di là degli aspetti tecnici, il modo in cui un deficit di formazione, un problema di comunicazione, un’insufficienza organizzativa possono interagire con la personalità, le insicurezze e le emozioni di medici e malati, spingendoli a imboccare una strada sbagliata.
Di fronte al prossimo «inevitabile» errore che verrà compiuto, l’autore esorta se stesso e i colleghi a essere capaci «di riconoscerlo, di scusarci per averlo commesso, di provare e di sopportare un giusto senso di colpa senza consentire al rimorso di schiacciarci, anche nell’interesse dei nostri pazienti», e a trarne insegnamento per sé e per la classe medica. Ma chiede anche alla vittima di un errore un grande sforzo: «dovrà essere capace di separare le proprie emozioni dalla comprensione razionale di quanto è successo. Dovrà saper accettare l’imperfezione della medicina, dei medici, delle organizzazioni e in ultima analisi i tanti limiti dell’agire umano. Soprattutto però vorrei che non rinunciasse a far sentire la propria voce e a parlare in nome di tutti i pazienti (passati, presenti e futuri) per pretendere rispetto, coinvolgimento, attenzione da parte di ogni medico a cui si rivolgerà per tutelare il proprio diritto alla salute».
Daniele Coen ha fatto il medico d’urgenza per tutta la sua vita professionale, fino a diventare direttore del Pronto Soccorso di un grande ospedale milanese, il Niguarda. Ha collaborato per molti anni con l’Istituto Mario Negri e con diverse associazioni di consumatori e ha pubblicato oltre cento lavori scientifici. Il tema dell’incertezza in medicina e quello delle cause degli errori medici lo hanno sempre interessato e se ne è occupato con relazioni a congressi e come perito in processi per cause mediche.
E in questa trincea quotidiana, come si fa a non sbagliare?
“Non basta essere un bravo chirurgo o un bravo internista per essere un bravo medico d’urgenza. Mentre nei reparti si lavora su un malato alla volta, nel Pronto soccorso se ti va bene ne hai in carico dieci contemporaneamente e continuano ad arrivare. Una delle capacità fondamentali è riassegnare ogni volta delle priorità: io sto facendo una cosa, mi interrompo per farne un’altra più urgente e così via.”
(Daniele Coen intervistato da Daniela Mattalia su Panorama)
Fino a una ventina d’anni fa, l’errore medico era tabù: i dottori, quasi presi da un senso di onnipotenza, non lo ammettevano o lo facevano tra le mura di una stanza obbligati dal primario. Poi si è capito che questa omertà era pericolosa, cristallizzava i problemi. Così, pian piano, la categoria ha cominciato ad affrontare il fenomeno e ora sappiamo che lo sbaglio va analizzato per imparare».
(Daniele Coen intervistato da Flora Casalinuovo su Donna Moderna)
I suoi colleghi non amano parlare di errori: perché lei ha deciso di farlo?
“Perché se ne fanno troppi. La chiave di volta è la comunicazione: i medici devono imparare a parlarne, innanzitutto ammettendoli. Non solo perché è giusto farlo o perché dobbiamo sempre ricordarci che “se io fossi dall’altra parte vorrei sapere” ma, soprattutto, perché solo ammettendo e condividendo gli sbagli si può trarre l’insegnamento per evitarli e crescere.”
(Daniele Coen intervistato da Alessandro Pellizzari su Starbene)